Le donne in gravidanza hanno diritto ad un periodo retribuito di astensione dal lavoro.
La lavoratrice può decidere di astenersi dal lavoro, sempre se ciò non arreca pregiudizio alla sua salute e a quella del bambino, a partire da un mese prima e nei quattro successivi al parto.
L’astensione obbligatoria è prevista durante i 2 mesi precedenti la presunta data del parto (il riferimento è alla data indicata sul certificato medico, anche se vi può essere errore di previsione), e durante i 3 mesi dopo il parto.
E’ inoltre possibile richiedere la maternità anticipata. A tal fine, occorre inoltrare un’apposita istanza (alla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio), per ottenere l’autorizzazione ad assentarsi dal lavoro prima che inizi il periodo di astensione obbligatoria.
I casi in cui tale autorizzazione è prevista, sono i seguenti (2° comma dell’articolo 17 del decreto legislativo 151/01):
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le lavoratrici che hanno ottenuto l’autorizzazione alla maternità anticipata possono continuare a percepire l’indennità economica di maternità, esclusivamente nel caso in cui l’autorizzazione stessa fosse stata concessa per “gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza”.
Questa situazione, riguardando le condizioni fisiche della lavoratrice, impedisce lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa e giustifica pertanto l’erogazione dell’indennità anche in caso di fine rapporto. In presenza delle altre 2 ipotesi, essendo le stesse connesse al tipo di attività lavorativa svolta al momento della richiesta, in caso di cessazione del rapporto il presupposto per il rilascio dell’assegno viene meno.
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