Il termine “mobbing” (dall’inglese “to mob”, aggredire), è stato introdotto dal prof. Heinz Leymann di Stoccolma agli inizi degli anni ‘90, e sta ad indicare una particolare forma di violenza psicologica messa in atto sul luogo di lavoro, nei confronti di una vittima designata. Si tratta di una situazione di pressione o terrorismo psicologico, raramente sfociante in atti di violenza fisica, esercitata attraverso condotte sistematiche, durature ed intense.
Tali pressioni possono essere esercitate sia da parte del datore di lavoro (mobbing verticale) che dai propri colleghi (mobbing orizzontale), i quali mettono in atto una sorta di accerchiamento attivo di un determinato lavoratore, mediante i seguenti comportamenti:
- aggressione e/o menomazione alla capacità comunicativa, di relazione sociale, e all’immagine sociale;
- disconoscimento o compressione dei diritti elementari per inesplicate “cause di servizio”;
- attribuzione di mansioni dequalificanti o degradanti.
Le vittime, nel lungo periodo, possono soffrire particolari disagi psicologici ed, in alcuni casi arrivare perfino al crollo dell’equilibrio psicofisico. A livello lavorativo può sopraggiungere il licenziamento o le dimissioni.
Il criterio, anche se arbitrario, per definirsi vittime di tale aggressione, è che essa debba risultare frequente, pressoché giornaliera, ed avere una durata minima di 6 mesi. La conseguenza inevitabile e rilevante, a carico di un soggetto a lungo vittima di mobbing, è la sindrome da stress, precisamente definita da Brady Wilson (psicologo clinico americano) “disturbo post traumatico da stress”.
Per quel che concerne le conseguenze economiche, il discorso non è meno grave. I lunghi periodi di malattia, e la necessità di continui interventi da parte dell’ufficio del personale, dei dirigenti a vario livello, del personale medico e dei consulenti esterni, comportano infatti costi considerevoli.
Essi dovranno essere sostenuti sia dall’azienda (in termini di produttività ed investimenti nella formazione), sia dalla vittima stessa (in termini di perdita di professionalità e deterioramento della qualità della vita) che dall’intera collettività (in termini di costi sociali).
Il problema legale e medico-legale presenta:
- natura giuridico-lavorativa in senso stretto. Essa deriva dall’attinenza con il rapporto di lavoro:
- violazione dell’articolo 2103 del codice civile;
- violazione dell’articolo 2087 del codice civile collegata all’articolo 2043 dello stesso;
- protrarsi dell’assenza dal lavoro per malattia (e relativi innegabili, oltre che gli inevitabili costi per la collettività);
- superamento del periodo di comporto (solo in alcuni casi), pregiudiziante per la conservazione del posto di lavoro;
- natura medico-sociale. Essa comporta il ricorso, da parte della vittima, a cure, psicoterapie e farmaci.
DEFINIZIONI UTILI
- Bossing: tipo di mobbing “strategico”, attuato in esecuzione di piani persecutori, con finalità di riduzione (per contenimento dei costi) o di “svecchiamento” del personale, in situazioni di non praticabilità del licenziamento.
- Side mobber: collega di lavoro non attivamente coinvolto nella pratica di mobbing, ma silenzioso spettatore di essa, in situazioni di accerchiamento passivo favorente la creazione di sacche di omertà, le quali rendono difficoltoso provare l’esistenza del mobbing stesso.
Questo fenomeno, a lungo ignorato in Italia, ha ultimamente attirato l’attenzione della stampa, divenendo anche oggetto di studio. Nel corso degli anni sono anche nate associazioni di sostegno finalizzate ad aiutare i lavoratori a difendersi da tale forma di violenza.
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