Il mal d'ufficio

Il mal d'ufficio

Il cosiddetto mal d’ufficio è da considerarsi una vera e propria sindrome.

Disturbi quali mali di testa, mal di schiena, stanchezza cronica, senso d’oppressione e addirittura claustrofobia, colpiscono il 70% dei lavoratori.

Per cercare le cause di tali sintomi, basta semplicemente esaminare il proprio ambiente di lavoro: sotto accusa gli spazi eccessivamente piccoli (e magari anche affollati), quelli a scarsa aerazione e gli ambienti illuminati esclusivamente con luci artificiali. Senza dimenticare computer, cavi elettrici ed inquinamento elettromagnetico.

Inoltre, non sono da sottovalutare i disturbi digestivi, sempre più frequenti, causati dal consumo eccessivo dei “fatidici” caffè delle macchinette, oltre che dai pasti consumati velocemente al bar.

Alcuni lavoratori, poi, soffrono addirittura di particolari forme allergiche (effetto dei filtri dell’impianto d’aerazione, considerata spesso insufficiente). E’ quindi importante sapere quali sono, e con quale sintomatologia si presentano, i disturbi più frequenti: conoscerne cause e rimedi, infatti, è l’unico modo per evitarli.

I DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI, OCULO-VISIVI E PSICOSOMATICI

Oltre ai soliti esercizi consigliati ed alla corretta disposizione dei mobili e dell’illuminazione, la nuova frontiera per combattere il “mal d’ufficio” risiede nella psicoestetica.

Negli ultimi anni, infatti, si sta acquisendo consapevolezza riguardo l’influenza degli ambienti sulla qualità della vita: sia esso luogo privato, di vendita o di lavoro, la sensibilità allo “spazio” in quanto tale è cresciuta notevolmente. Si può affermare che sia emersa una vera e propria tendenza a trasformare il luogo di lavoro in modo tale da garantire il benessere dell’individuo, con una sorta di atteggiamento ludico-produttivo.

L’obiettivo è riuscire ad applicare, nel lavoro svolto, il massimo della concentrazione e della partecipazione emotiva. Le principali tipologie di attività lavorative (secondo la società internazionale di Architecture Consultancy) sono 4, e ad ognuna corrisponde un particolare topo di ufficio. Esse vengono definite in base a da differenti livelli di interazione e di autonomia.

1. Bassa interazione / Bassa autonomia
Ufficio Alveare: tipico del lavoro individuale (attività di amministrazione e contabilità, televendita, informatica di base). Le postazioni sono generalmente uniformi all’interno di spazi aperti.

2. Bassa interazione / Alta autonomia
Ufficio Cella: tipico di attività che richiedono concentrazione. Gli spazi sono generalmente isolati all’interno di grandi spazi. Adatti ad attività legali, di consulenza e di management.

3. Alta interazione / Bassa autonomia
Ufficio Tana: adatto al lavoro di gruppo (attività di redazione nell’editoria e in televisione e ai lavori collegiali in generale). Lo spazio è progettato per lavorare in team, comprende spazi per riunioni e per lavori su progetti multicompetenza.

4. Alta interazione / Alta autonomia
Ufficio Club: tipico del lavoro intellettuale e creativo (agenzie di pubblicità, società di consulenza, di ricerche e molte aziende della new economy), caratterizzato da un’organizzazione che alterna la presenza in ufficio, il lavoro presso il cliente (o a casa) e la condivisione delle informazioni con il gruppo.

Le suddette tipologie possono essere esaminate nei loro aspetti polisensoriali, al fine di migliorarne sia l’efficienza (nell’utilizzo degli spazi), che l’efficacia (nell’utilizzo delle risorse umane).

Ogni ufficio dovrebbe essere considerato un vero e proprio “habitat” e, come tale, dovrebbe possedere un equilibrio visivo, cromatico, formale, materico/tattile e sonoro.

L’attenzione agli aspetti sensoriali si traduce, innanzitutto, in un vantaggio economico, anche in termini di miglior razionalizzazione degli spazi. A tal fine, per accrescere la qualità della vita sul lavoro aumentando, allo stesso tempo, creatività e produttività, è possibile promuovere determinati atteggiamenti piuttosto che altri; ad esempio, alternando campiture bianche a colori più o meno accesi, toni caldi a toni freddi freddi, e via dicendo. Lo stesso discorso vale anche per le forme. Ovviamente sono cose che non possono, anzi, non devono essere fatte a caso: esistono vere e proprie modalità psicoestetiche che permettono di formulare le giuste combinazioni atte a promuovere atteggiamenti positivi.


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